Domenico Guzzi – 1982
Nelle Gallerie Romane: “Catelli, Mafonso, Boschi, Finotti” – Pittura e scultura
Visione che è sempre di parte. Soggettiva anche quando, come nel caso del giovane artista, possono in quelle opere leggersi i suoi amori, i suoi riferimenti. Così, lui napoletano, non poteva che guardare a Perez e, attraverso questi, risalire la china della storia approdando a certe soluzioni del futurismo. Ma il significato di queste sculture – e Catelli è artista-artigiano: fonde da sé quei bronzi – va ricercato non solo, formalmente, in quei suoi maestri ideali, ma nel dipanarsi delle situazioni del quotidiano.
Sono, oggi, riproposte, ad esempio, tre teste urlanti presentate, all’inizio degli anni Settanta, alla X Quadriennale di Roma nella sezione dedicata ai giovani, ove sarà, proprio quell’impeto violento, che nasce dall’aver sia pur indirettamente vissuto il dramma della conflittualità sociale.
Così, non deve sorprendere se da quelle forme tagliate, indagate nel loro profondo, sgorghi,, come sangue, del rosso a porsi in funzione di drammatico contrasto con l’oro del bronzo. È questo, uno sviluppo simbolico che, proprio nelle antinomie del sociale, troverà il senso del suo significato. Altre volte potrà apparire come sviluppo d’una forma avvolgente riecchieggiante i motivi del barocco, sempre condotti peraltro sui canali della sintesi. “Credo che le trenta sculture di Catelli – scrive Micacchi – siano una grande novità per la scultura italiana, ma una novità duramente preparata in solitudine per alcuni anni”.
Camillo Catelli ha, dunque, una sua strada da percorrere; un’idea da sempre più coltiva re e maturare. E già quest’esposizione dimostra quel suo intento e cammino.