Franco Brinati, 1989
Un monumento al Marinaio “abbandonato” tra la camomilla
L’idea era stata della “Sezione marinai in congedo” di Civitanova.
Vi erano stati contatti e Catelli si era messo all’opera lavorando su una pietra durissima, ostile. L’impresa è durata tre estati, fino al 1987. Lo scultore ha cercato un’interpretazione poetica e visionaria, lontano dai cliches risaputi. Niente marinaio al timone, per intenderci, niente tele cerate, né spruzzi di mare in tempesta.
Catelli, come racconta, con la sua prosa limpida e asciutta, Arnoldo Ciarrocchi (che è il suocero dello scultore), aveva voluto “tramutare la pietra in vento e acqua”. Lasciare alla città il segno di un’arte nuova, la proiezione dinamica di un’idea-sintesi.
Non aveva chiesto grandi compensi. Anzi, conscio del fatto che il monumento si sarebbe fatto con piccole somme inviate dai marinai emigrati in Argentina e in Australia e con qualche altro fondo raccolto in loco, aveva limitato la sua parcella al massimo.
Dice Ciarrocchi nella presentazione del catalogo: “Catelli aveva subito detto di non pretendere, per sé se non il piatto di zuppa (…)
Quando si è pagati poco si lavora meglio. Lo può capire solo un poeta od un pittore perchè quando un pittore o uno scultore lavora solo, allora è un grande signore”.
Non si era trattato di umiltà, ma al contrario di aristocrazia. Catelli era certo che avrebbe fatto un’opera ragguardevole, al di là del giudizio della gente, della quale, come qualsiasi artista convinto c|i sé, non avrebbe tenuto molto conto. Un lavoro durissimo, una sorta di assedio ad una pietra difficile da domare. Dopo tre estati passate all’Asola a picchiare con martello e scalpello, il monumento nel 1987 era pronto. Ma nessuno lo ha chiesto più! Tentiamo una spiegazione. Il Monumento al marinaio sognato dai committenti della “Sezione marinai in congedo” doveva rientrare nella tipologia romantica, presentare la faccia abbronzata e corrugata di un “marinà” tipico, rappresentare l’esaltazione del sacrificio e del rischio.
La creazione di Camillo Catelli imponeva invece uno sforzo di fantasia, vedere oltre le forme, avvertire le vibrazioni impresse all’enorme cubo a colpi di mazzolo, in un turbinio di scintille. Le sinuosità scavate erano, appunto, i simboli del moto ondoso e del vento che tutto drappeggia e sconvolge.
Ma il marinaio non c’era, era sottointeso, nascosto. “Il monumento – racconta Ciarrocchi – è rimasto qui all’Asola, confitto come una pietra sacra su un prato dove fiorisce la camomilla. Nei giorni di pioggia l’acqua scorre tra le rughe, nei tagli della pietra e si raccoglie in certe piccole conche (…)
Dalla casa di Ciarrocchi il Monumento al marinaio sarà portato presso il Museo del trotto e li verrà definitivamente sistemato. Il vecchio cipresso di Porta Marina, sulla piazzetta di Civitanova Alta, antistante il vecchio ospedale, continuerà a guardare le aiuole. Lungi da noi la pretesa di esprimere censure o rimbrotti: ma, stante che l’arte non è pane per tutti, non si poteva far vedere il monumento ad una commissione di esperti?